Arriva.

Dicembre 2020

No. Non si può certo ridurre il Natale all’orario delle Messe anticipate per non incorrere nei divieti. Non è certo questo il cuore di quel che ci stiamo preparando a vivere.

Sebbene qualche studio rivaluti la possibilità che Gesù sia nato davvero verso la fine del mese di dicembre, la verità è che non sappiamo indicare con precisione la sua data di nascita. E la Chiesa non ha mai preteso farlo. È quello intorno al Natale il tempo in cui lentamente la luce del giorno torna a guadagnare terreno sulla notte e, anticamente, questo ispirava una festa pagana, quella in onore del Sol Invictus, la personificazione divina del sole invitto appunto, non sconfitto dalle tenebre. Fin dal IV secolo, con la libertà di culto e l’affermazione del Cristianesimo come preponderante nell’Impero Romano, a questa festa pagana si sovrappose il Natale di Gesù, per i Cristiani vero Sole, vera Luce che le tenebre non hanno vinto. Celebrare la nascita di Gesù nella notte del 25 dicembre, magari a mezzanotte per rendere ancor più evidente questo passaggio, ha dunque una forte valenza simbolica. E i simboli sono indubbiamente preziosi per la nostra vita.

Ma attenzione. Attenzione a non confondere il guscio con il frutto, a non fermarci alla scorza, alla superficie del Natale. O, per usare un’immagine più consona alla festa, a non scambiare l’incarto luccicante con il dono che esso contiene. Perché è proprio questo il rischio, quello di pensare che il vero problema del Natale sia l’orario delle Messe e non, ad esempio, il modo convenzionale o sfatto o distratto con cui partecipiamo alle stesse Messe (peraltro nessun testo liturgico parla di Messa di mezzanotte, ma solo di Messa nella notte; in tantissimi luoghi per scelta o esigenza pastorale veniva anticipata di due o tre ore già negli anni scorsi). Così, al ritornello circa il deleterio consumismo che soffoca il Natale (sacrosanto, ma francamente tanto sterile se ritornello resta), ora rischia di aggiungersi la vena polemica sugli orari e le tradizioni disattese, quasi a far credere che siano queste le questioni vere che devono agitare la Chiesa e il cristiano. E invece non è così; le tradizioni sono importanti, ma, appunto, il significato più alto della Tradizione, secondo un noto adagio, è custodire e trasmettere il fuoco, non conservare mucchietti di cenere. E il fuoco in questo Natale, per chi lo vuol vedere, c’è tutto. Se possibile, ancor più del solito.

In questo tempo così confuso e straniante, il Natale ci raggiunge non per farci fingere stupore davanti a Gesù che nasce, ma per ricordarci che Gesù è nato e continua a essere in mezzo a noi. Nonostante tutto. Ci raggiunge per dirci che, al di là di quel che si potrà o non potrà fare, della nostra distrazione e delle nostre lontananze, Gesù è venuto a salvarci. Mentre il mondo si agitava per “contarsi” (il grande censimento di Cesare Augusto), Dio scriveva i nostri nomi su un altro registro, il Libro della Vita. E lo ha fatto prendendo su di sé quelle povertà, quella frenesia, quella miseria, quel disagio. Lo fa oggi condividendo le nostre incertezze, le nostre amarezze, il nostro dolore. Oggi, come allora, come sempre. Papa Francesco, l’anno scorso, nella lettera apostolica Admirabile signum, centrata sul presepe, così diceva: «Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza». Dopo un anno queste domande assumono, se possibile, una forza e una condivisione maggiore e oggi più che mai devono accompagnare tutti i nostri presepi.

Il nostro compianto don Bruno Maggioni diceva tutto questo in un modo semplice e preciso: «Dio si è inserito nella nostra storia e fra tutte le situazioni possibili ha scelto, non a caso, la situazione dello sconfitto: un povero, un profugo, un perseguitato. E così la fede è costretta a scorgere la potenza di Dio nella vicenda di un Crocifisso. È questa “la pietra d’inciampo” che il Natale non deve attutire, ma riproporre: il Natale deve tornare a essere uno scandalo per tutti quelli che pretendono un Dio fatto a modo loro».

Il Natale arriva a consolarci e a scomodarci, a rinfrancarci e a scuoterci, ad asciugare le nostre lacrime e a scandalizzarci. Che la Messa sia a mezzanotte o alle venti. Natale comunque arriva. Anche quest’anno. Arriva.

Don Giampaolo Romano, assistente spirituale ACLI COMO