Badanti dopo la pandemia. Vent'anni di lavoro privato i cura in Italia
Maggio 2021
In questo periodo di pandemia che ha colpito diversi settori economici, cosa è successo al settore domestico? Che evoluzioni ci sono state in un ventennio di lavoro di cura? Queste sono alcune domande che hanno guidato e sviluppato questa ricerca su vent’anni di Lavoro Domestico, osservando i cambiamenti dagli anni 2000 al 2020. Una ricerca molto interessante, che evidenzia l’evoluzione del settore domestico ed in particolare i cambiamenti nei soggetti che svolgono questo importante lavoro in supporto alle famiglie. Questa analisi riguarda l’Italia ed è stata possibile grazie all’aiuto dell’Associazione professionale nazionale ACLI COLF e alla collaborazione di alcune Acli Lombarde. Essa interessa e rappresenta anche la nostra provincia di Como che sta vivendo i cambiamenti riscontrati nel territorio nazionale, anche se in dimensioni ridotte.
Partendo dal dato certo che la cura delle persone anziane non autosufficienti nel nostro Paese rimane in maniera preponderante a carico delle famiglie, perché culturalmente si arriva ai servizi residenziali sempre più tardi, il ricorso alle badanti è molto diffuso. Si può rilevare che più di un anziano su tre si avvale di un assistente familiare. Spesso queste figure sono ancora irregolari, senza contratto ed in una sospensione continua, quelle invece regolari negli anni stanno cambiando atteggiamento verso il lavoro di cura.
Le badanti disposte ancora a svolgere il lavoro di convivenza mettendosi a completa disposizione delle famiglie, andando anche oltre all’impegno lavorativo, sono le più anziane (quelle che oggi vanno dai 50 ai 60 anni). Donne arrivate negli anni 2000 con un’idea di progetto migratorio breve, ma che sono ancora in Italia per completare gli aiuti verso i familiari (figli e/o nipoti) rimasti al Paese d’origine o per preparare il loro ritorno a casa con una “piccola fortuna”. Infatti queste signore spesso stanno costruendosi la casa nel proprio Paese per poter ritornare a viversi la vecchiaia con maggiore sicurezza. Queste assistenti familiari sono meno propense alla formazione perché si appoggiano molto alla propria esperienza, erano di livello di istruzione più elevato, pensavano di poter fare altro nel nostro Paese, e poi si sono improvvisate nel lavoro di cura perché sono arrivate in Italia abbastanza giovani e non conoscendo la lingua; si sono adeguate a fare un lavoro apparentemente facile da fare senza preparazione.
Le assistenti familiari dal 2020 arrivano in Italia con un’età più matura che in passato (circa 43 anni) e partono dal proprio paese con l’idea di venire a fare le badanti. Hanno un livello di istruzione più basso ma qui in Italia sono più propense a formarsi per svolgere il lavoro di cura in modo più professionale. Ovviamente frequentando i corsi sono maggiormente consapevoli dei propri diritti e sono meno disposte a svolgere attività troppo totalizzanti, vogliono mantenere distinta la vita privata da quella lavorativa.
E’ in questa discrepanza tra i bisogni delle famiglie e la minor disponibilità delle assistenti familiari che si insinua il lavoro irregolare di persone irregolari.
La pandemia e la limitazione degli spostamenti ha fatto emergere l’impossibilità di lavoro per i soggetti senza contratto, quindi grazie alla sanatoria del “decreto rilancio” tra giugno e agosto 2020 è stato possibile portare ad una emersione alcuni contratti irregolari e quindi alcuni soggetti clandestini (totale delle domande presentate 207.542).
Ovviamente queste strategie di emersione inglobano anche la regolarizzazione di soggetti che non riguardano il settore domestico ma che sfruttano questa possibilità di emersione per legalizzare parenti e connazionali irregolari, presenti in Italia da anni. I dati infatti hanno registrato nazionalità che non sono prettamente allineate con la rappresentatività del lavoro domestico. Anche tra le domande inoltrate dal nostro Patronato Asia Orientale e Nord Africa sono stati i più presenti, quando invece nel settore di cura è ancora predominante l’area geografica dell’est Europa e dell’America Latina.
Dal 2020 si sono sempre più affacciate al mondo del lavoro di cura anche le donne italiane, con livelli di istruzione medio-alti.
Il settore della cura resta sempre maggiormente rappresentato dall’universo femminile e resta sempre un settore privato ed individuale che quindi spinge le famiglie ad arrangiarsi e a richiedere un impegno lavorativo totalizzante che stride con la legalità del rapporto di lavoro domestico dettato dal CCNL DOMESTICI.
Salvo esperienze limitate e circoscritte, che non risolvono pienamente i bisogni delle famiglie, il lavoro di cura è ancora troppo un aspetto privato: è necessaria una riforma dell’assistenza domiciliare pubblica, potenziata, estesa e collegata al lavoro privato di cura, con nuove e diverse strategie di indennità di sostegno.
Paola Monzani, Presidente Circolo ACLI COLF
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