Fondo di Solidarietà Famiglia Lavoro 2020
Maggio 2020
Chi non ha subito gravi danni economici e sociali dalla pandemia deve darsi da fare per non lasciare indietro le fasce più colpite.
Qualche pensiero a margine della attiva partecipazione delle ACLI di Como alla promozione e alla gestione del Fondo di Solidarietà Famiglia Lavoro 2020, voluto dal Vescovo di Como e che vede la collaborazione dell’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro, della Caritas, della Compagnia delle Opere e della Consulta delle Aggregazioni Laicali. Il primo è che il sottotitolo “In ricordo di don Renato Lanzetti e di tutte le vittime del Coronavirus” lo colloca nell’attualità di questa epidemia, esprime un doveroso omaggio al Vicario Episcopale della Diocesi di Como deceduto nella prima fase della pandemia e vuole essere un riferimento ai tanti anziani, medici, sacerdoti e nostri concittadini che sono scomparsi in questi mesi. A queste vittime si devono aggiungere tutte le persone e le famiglie che hanno e avranno difficoltà economiche, anche devastanti, e i tanti che dalla dolorosa fase di segregazione hanno subito danni fisici e psicologici.
La Chiesa di Como ha deciso di far sentire la sua prossimità a una società scossa e preoccupata e di farlo avendo come riferimento i più bisognosi di un aiuto economico, ma anche di un conforto espresso con la vicinanza e la condivisione. Ha messo in campo uno strumento che intende intervenire specificamente su chi ha subito dalla pandemia una interruzione o significativa compromissione della propria vita lavorativa e sociale e a questa problematica saranno rivolte le risorse del Fondo. Questo non significa che verranno ridimensionate o messe in secondo piano le tante altre azioni che vedono le strutture diocesane, in particolare la Caritas, impegnate nel sostegno degli ultimi, delle persone senza casa, degli immigrati, degli invalidi e degli anziani senza risorse per tirare avanti.
Rispetto agli interventi della stessa natura che la Diocesi, anche con il contributo delle ACLI di Como e di Sondrio, ha attivato a partire dal 2009, una novità significativa consiste nell’apertura a tante realtà del laicato diocesano, ma anche del mondo dell’associazionismo sindacale e datoriale e del volontariato. Apertura che sarà preziosa nella fase di reperimento di contributi per la costituzione e il consolidamento del Fondo che dovrebbe coinvolgere i lavoratori e i cittadini tutti, ma anche in quella di individuazione del bisogno: accanto alle parrocchie e alle loro strutture assistenziali, ai Centri di Ascolto della Caritas si dovrà avere la collaborazione di CAF, Patronati, organizzazioni sociali e di volontariato.
C’è una comprensibile preoccupazione, da parte dei promotori, sul fatto che in questo periodo molte delle tradizionali fonti di risorse vivono momenti di difficoltà: l’obolo dei fedeli durante le Sante Messe è venuto meno per un lungo periodo, le organizzazioni sociali e le parrocchie stesse soffrono di notevoli problemi economici, una parte consistente delle donazioni di enti filantropici e dei cittadini è già stata incanalata in devoluzioni al sistema sanitario per dare risposte immediate anche a inefficienze del sistema stesso.
Vorrei fare però su questo tema una breve constatazione: l’effetto immediato e a lungo termine del diffondersi del virus e delle misure individuate per debellarlo è e sarà vissuto in modo molto differente da chi ne è stato colpito direttamente e da chi ne è stato sfiorato, almeno dal punto di vista economico.
C’è un interessante studio di questi giorni di Nomisma, l’accreditata società di studi economici bolognese, che segnala alcuni dati relativi al reddito e al risparmio degli italiani in tempo di coronavirus. In questo periodo più del sessanta per cento degli italiani ha mantenuto il suo reddito precedente alla pandemia e, a causa delle restrizioni al commercio e alla libera circolazione, una quota di circa 20 miliardi di risorse si è trasformata in risparmio. E’ andata ad alimentare la cifra di 1174 miliardi che sono presenti sui nostri conti correnti, in notevole crescita rispetto al tempo della precedente crisi finanziaria: nel 2011 erano circa 800.
Gli esperti si aspettano che, nel momento in cui sarà consentito dalle regole del distanziamento, quasi una metà di questo risparmio si trasformerà in consumi, l’altra rimarrà nei conti a testimoniare la preoccupazione per il futuro dei suoi proprietari.
A fronte del 54 per cento di chi ha potuto incrementare la propria disponibilità di denaro, vi sono poi i tanti che hanno dovuto intaccare i loro risparmi e ricorrere alla richiesta di sussidi. Per non parlare di chi risorse proprie non ne aveva e non è rientrato nelle tipologie, pur ampie in ragione dei decreti governativi, dei percettori di aiuti istituzionali.
Chiedere ai primi un gesto di solidarietà che permetta di alleviare le fatiche di chi ha perso un lavoro, magari già precario, dovuto chiudere una piccola attività, deve provvedere senza risorse al sostegno di famigliari in difficoltà estrema, pare assolutamente doveroso.
Il Fondo della Diocesi può essere uno strumento per finalizzare un impegno che può assumere altre forme di vicinanza anche attraverso le diverse occasioni che le organizzazioni che lo promuovono mettono in campo.
Giorgio Riccardi, presidente consiglio provinciale ACLI COMO
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