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Ma tu, lo sai cos’é un circolo?

Giugno 2021

La domanda sorge spontanea con i tempi che corrono. Incastrati tra riforme e normative, tra decreti e riaperture, ristori e chiusure, ci sono questi spazi di comunità che oggi, più che mai, stanno lottando per tenere viva la fiducia nella prossimità. Partiamo, però, da una sorta di definizione quantomeno tecnica. Ogni circolo è un’Associazione di Promozione Sociale (A.P.S.), ognuna delle quali è dotata di un presidente e di un direttivo, di uno statuto, di un sistema di tesseramento e, soprattutto, di soci. Sembra un dettaglio inutile, ma all’alba della Riforma del Terzo Settore non è scontato. 

Negli anni è molto cambiato il paradigma della presenza territoriale dei circoli Acli in provincia di Como, e spesso si è trasformata o innovata anche la ragione sociale in funzione delle necessità dei territori, trasformandosi in patronato, organizzazione di volontariato, in cooperative, in centri di formazione professionale, in organizzazioni non governative, in s.r.l., associazioni sportive dilettantistiche, di arte e spettacolo e molte altre sfumature.

È cambiata la modalità di attivismo, ma soprattutto è cambiata la modalità di adesione. Sempre più sono le persone che si avvicinano alla nostra associazione perché intercettano una possibile risposta ai propri bisogni da parte dei nostri servizi, ed è così che si è creata negli anni, un’immagine molto frammentata di quello che è in realtà un unico grande sistema, un organismo. Alcuni identificano le Acli come il Patronato, altri come il C.A.F., altri riconoscono i circoli, altri ancora ne intercettano solo le cooperative, le associazioni sportive e così via. La realtà, è che le Acli sono tutte queste cose messe insieme, e per questo sono molto difficili da raccontare. 

Personalmente, mi piace pensare ai circoli come alle cellule che ne costituiscono il cuore. La loro funzione è quella più spontanea e basica, istintuale di tutta l’associazione. Il loro pulsare permanente esiste a prescindere da tutto e influenza la vitalità di tutto il resto dell’apparato, irrorandolo, trasportando relazioni, notizie, preoccupazioni, istanze…ossigeno.

Quanto sta accadendo in questo periodo, però, è una vera e propria pandemia anche associativa, che tocca in modo differente tutti gli snodi del terzo settore. Le associazioni, a prescindere dalle proprie dimensioni o strutture, hanno avuto reazioni diverse al periodo. Ci sono associazioni che hanno avuto un boom di iscrizioni e di nuovi volontari e altre che hanno chiuso poco dopo il primo lockdown. Ci sono poi, tutti quelli che resistendo in qualche modo, hanno cercato di rimanere presenti seppur chiusi, con grande fatica, spesso facendo un lavoro silenzioso, fatto di telefonate e di piccoli gesti di prossimità passati completamente inosservati, e per questo, probabilmente, dimenticati da ogni formula legislativa vigente, sia in merito alle riaperture, sia in merito ai ristori.

Ad oggi non possiamo certo dirci che i nostri 25 circoli territoriali godono tutti di buona salute, certo… ma possiamo già sentire, attraverso i loro rappresentanti, quanta voglia ci sia di ricominciare a tessere le relazioni mancate per così tanto tempo, a riaprire le proprie porte ancora chiuse secondo non si capisce bene quale criterio. Perché possono riaprire alcuni dei principali (e spesso ben più affollati) luoghi della cultura, come cinema e teatri, mentre i circoli ricreativi e culturali no? Davvero una legislazione può essere così miope da non vedere a quali rischi va incontro in questo modo? Davvero chi determina queste sospensioni di attività crede che sia più sicuro lasciare questi gruppi di persone, spesso anziane, senza un luogo presidiato e dotato dei protocolli di sicurezza? Si crede, forse, che staranno ognuno a casa propria senza più nessuna voglia di uscire in queste prime giornate di caldo sole primaverile? Beh, si sbagliano. Secondo i dati dell’Osservatorio sulla sicurezza, curato da Demos per la Fondazione Unipolis, la partecipazione alle attività sociali e associative ha avuto un brusco calo nel 2020, una frenata addirittura che ha portato ad una riduzione del volontariato sociale dal 44% al 24%. Guardando queste percentuali ed i dati che prospettano, dovremmo essere, proseguendo con la metafora precedente, più o meno all’arresto cardiaco. Invece abbiamo alcuni circoli che hanno accelerato ed incrementato le proprie attività, altri che fremono per riaprire ed altri ancora che chiedono di essere aiutati, ma che comunque hanno ancora la voglia di provarci. Perché? Perché oggi, all’alba di una riforma del terzo settore che ci dà una prima chiara ed esplicita definizione di “Volontario e volontariato” nella storia legislativa, è più che mai difficile capire cosa sia volontariato e cosa non lo sia. Che differenza sostanziale c’è tra il supporto che occasionalmente si sceglie di dare, ed un volontariato più strutturato, continuato? Le modalità con cui tutti noi aderiamo alle attività sono ormai fluide, flessibili, guidate dalla nostra curiosità, più che dal nome dell’organizzatore. Ed è in questa direzione che andremo sempre più probabilmente, spogliandoci di forma e scegliendo in base alla sostanza. Per questo è necessario ricordare cosa sono i circoli. Sono luoghi di relazione, di prossimità, dove la comunità può esprimere le proprie risorse ed i propri limiti. Sono luoghi di interlocuzione e di supporto, ma anche di leggerezza e di gioco, dove spesso si mischiano età e idee diverse, ma dove è ancora possibile incontrare la disponibilità delle persone. E allora, ben venga chi ci chiede uno spazio per una sola riunione perché magari la propria sede è più piccola, ben venga chi dispone le sedie per una volta sola e poi non lo fa più, ben venga chi dà una mano al bar solo qualche giorno e per il resto “fa il cliente”. Se c’è una lezione che abbiamo il dovere di imparare da questo periodo, è che nessuna relazione può essere sprecata. Nessun gesto.

Speriamo, quindi, che l’appello delle associazioni venga ascoltato per riaprire tutti quei circoli ricreativi e culturali (Acli e non) che hanno ancora la potenzialità e la voglia di attivare e riattivare i sistemi relazionali delle comunità.

Sara Picone, responsabile funzione sviluppo associativo Acli Como