Povertà e vulnerabilità nel lavoro
Maggio 2023
In occasione del primo maggio, Festa dei Lavoratori, le Acli di Como hanno presentato la ricerca “Lavorare pari: dati e proposte sul lavoro tra impoverimento e dignità”, realizzata dall’Area Lavoro Acli nazionale in collaborazione con l’Iref e il Caf Acli. Lo studio delinea la situazione economica e lavorativa di migliaia di persone in Italia, attraverso l’analisi di oltre 760.000 dichiarazioni dei redditi 2021, su un totale di 1.326.573 modelli 730 presentati presso il Caf Acli, con esclusione dei pensionati.
“Dalla lettura dei dati di questa ricerca, possiamo affermare – spiega Marina Consonno, Presidente delle Acli di Como, - che negli ultimi 30 anni c’è stato un tendenziale e continuo impoverimento o, comunque, un deprezzamento del lavoro che ha bloccato il Paese socialmente, demograficamente, economicamente. Il problema non è solo la povertà del lavoro, come dai dati emerge, ma la vulnerabilità dei redditi da lavoro (ovvero a rischio di povertà di fronte ad un evento inaspettato o fuori dall’ordinario come una malattia, un divorzio o perfino la nascita di un figlio), e la debolezza con cui complessivamente il sistema Paese risponde affinché il lavoro possa garantire una retribuzione che possa considerarsi dignitosa.
Se volgiamo uno sguardo sui dati della ricerca sul lavoro povero, sulla percentuale molto alta dei giovani senza lavoro - quasi un quarto della popolazione giovanile - il quadro ci deve interrogare su quanto la nostra società, le nostre istituzioni, le nostre comunità investono per dare prospettive di presente e di futuro”.
Il messaggio dei Vescovi per la festa del lavoro del primo maggio, indica che: “…per porre rimedio a questa crisi epocale, nello spirito del Cammino sinodale, desideriamo condividere percorsi di vera dignità con tutti. Vorremmo che le comunità cristiane fossero sempre più luoghi di incontro e di ascolto, soprattutto dei giovani e delle loro aspirazioni, dei loro sogni, come anche delle difficoltà che essi si trovano ad affrontare. Ci impegniamo a condividere la bellezza e la fatica del lavoro, la gioia di poterci prendere davvero cura gli uni degli altri, la fatica dei momenti in cui gli ostacoli rischiano di far perdere la speranza, i legami profondi di chi collabora al bene in uno sforzo comune. Sollecitiamo la politica nazionale e territoriale a favorire l’occupazione giovanile e facciamo sì che il rapporto scuola-lavoro, garantito nella sua sicurezza, aiuti a frenare l’esodo e lo spopolamento…”.
Le Acli di Como rispondendo alla chiamata, valutata l’urgenza e la necessità, proprio a ridosso del primo maggio si sono impegnate ad iniziare la formazione di volontari che saranno impiegati nella prossima attivazione di punti rete lavoro. Punti capaci di fornire azioni di supporto, informativo e di sostegno alla ricerca occupazionale, un punto di riferimento e di orientamento al lavoro, in particolare alle persone più fragili e vulnerabili, aiutandoli ad accedere all’interno della fitta rete dei servizi e accompagnandoli nei percorsi formativi specifici che i nostri enti ENAIP mettono a disposizione nell’ambio del programma G.O.L. (GARANZIA OCCUPAZIONE LAVORATORI) del PNRR.
Dalla citata ricerca delle Acli nazionali emerge che il 14,9% degli occupati, pur lavorando, ha un reddito inferiore o pari a 9.000 euro. Se si considerano anche i redditi complessivi inferiori o uguali a 11.000 euro, ovvero quelli dei lavoratori poveri (working poor), si arriva ad una percentuale di lavoratrici e lavoratori pari al 19,5%; mentre si raggiunge il 29,4% tra quanti hanno un reddito complessivo che non va oltre i 15.000 euro e che possiamo definire “vulnerabili”.
A scontare una peggiore condizione reddituale sono i residenti nelle regioni del Sud e le donne. Nel dettaglio, queste ultime sono il 21,7% delle persone che possono contare su 9.000 euro annui (gli uomini il 7,1%). Le lavoratrici che hanno redditi inferiori o uguali a 11.000 euro sono il 27,9% (gli uomini il 9,8%) e sono il 40,9% delle persone povere o comunque vulnerabili.
Il 27,2% dei residenti al Sud o nelle Isole ha un reddito fino a 9.000 euro, il 33,5% arriva a 11.000 euro e, infine, il 44,4% può contare fino a 15.000 euro. Se si considera la fascia tra i 40 e i 54 anni, cioè uomini e donne nel pieno della loro vita attiva, coloro che non superano i 9.000 euro di reddito sono il 10 per cento in più della media nazionale (19,8% rispetto al 9,8%). Tuttavia è alto il dato dei vulnerabili anche nel nord, che resta sopra un quarto del totale.
Le diseguaglianze di reddito sono più marcate tra i giovani. Ha, infatti, un reddito fino a 9.000 euro il 28% dei giovani fino a 29 anni (dato che arriva al 31,7% nel caso delle giovani donne). Questa percentuale diminuisce significativamente nelle classi di età successive (12,5% 30-34 anni; 11,3% 35-39 anni; 9,8% 40-54 anni) per poi tornare a crescere tra coloro che hanno un’età compresa tra i 55 e i 60 anni (11,4%) e poi raggiungere addirittura il 30,3% tra chi ha più di 60 anni. Non diminuisce però il divario di genere che, al contrario, dopo i 29 anni aumenta in modo costante: in tutte le classi di età le donne con redditi che non vanno oltre i 9.000 euro sono almeno il 10% in più degli uomini e tra gli ultrasessantenni le donne con i redditi al di sotto dei 9.000 euro sono il 43,7%, rispetto al 7,2% degli uomini.
“Il quadro complessivo che ci viene restituito dai dati è quello di percorsi di carriera piatti in cui è difficili uscire da una condizione di lavoro povero o di vulnerabilità – affermano le Acli -. Anche il divario di genere tra i redditi percepiti tende a permanere sia che i/le dichiaranti abbiano lavorato continuativamente durante l’anno, sia che abbiano lavorato in maniera discontinua (ovvero, non per tutto l’anno). Si può, quindi, supporre che il lavoro da solo non sia sufficiente a riscattare la condizione di svantaggio delle donne e che la fragilità reddituale del genere femminile non muti considerando la condizione lavorativa delle dichiaranti”.
Marina Consonno, Presidente Provinciale Acli di Como APS
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