Restiamo Umani
Marzo 2020
II livello di civismo di una città si misura anche da come i suoi abitanti si prendono cura delle persone più fragili giacché nessuna di esse dovrebbe essere costretta ad una vita “on the road”.
In questo periodo di notevole apprensione causato dalla paura del contagio da COVID-19, sta continuando l’attività del dormitorio per i “senza fissa dimora”, gestito dalla Rete dei Servizi per la Grave Marginalità attraverso il progetto “Vicini di strada”, comprendente soggetti formali ed informali di Como e della provincia tra i quali anche le ACLI. Dall’inizio di novembre era già stata attivata anche la tensostruttura all’interno del Centro Cardinal Ferrari, posta in capo in questo caso a “Como Accoglie” e promossa dalla Caritas diocesana, per far fronte ad un altro aspetto, quello della più immediata urgenza.
Si tratta di due luoghi in grado di accogliere complessivamente quasi una novantina di persone, poiché fin dai primi mesi autunnali a queste latitudini il freddo e la pioggia si fanno sentire, e l’avere a disposizione un riparo ed alcuni servizi essenziali è di enorme sollievo per chi è costretto a dormire all’aperto. Agli ospiti è stato assicurato un riparo notturno, che nei tempi cupi della pandemia si è ampliato in parte anche nelle ore diurne, permettendo così a quelle persone che appunto una casa non ce l’hanno di rimanere maggiormente al coperto e di non sentirsi abbandonate. Gli organizzatori di questo importantissimo servizio, anche quest’anno hanno raccolto l’adesione di un gran numero di volontari, i quali si sono resi disponibili almeno per una notte al mese a dare un po’ del loro tempo, sia sul fronte organizzativo ma soprattutto per curare la relazione con gli ospiti.
Comunque più che di “romantici clochard” si tratta di persone che sono alle prese con una esistenza durissima, che si consuma ogni giorno dentro ai nostri spazi cittadini, resa ancora più difficoltosa in queste circostanze in cui la salute può essere messa a serio rischio. Il supporto offerto dal servizio di “emergenza freddo” è sempre riuscito – salvo pochi casi – a svuotare le strade ed i portici della città; tuttavia ciò che anima l’agire dei volontari è che la situazione dei senzatetto, ormai assurta a consuetudine, non può però più essere tollerata. Perché il livello di civismo di una città si misura anche da come i suoi abitanti si prendono cura delle persone più fragili, di quelle che risultano problematiche e messe ai margini, giacché nessuna persona dovrebbe essere costretta ad una vita “on the road”. Così alle ore 20 di un giorno qualsiasi il gruppo di volontari principalmente aclisti di turno quella sera è già al suo posto. Nel giro di qualche ora giungono gli “ospiti”, i quali sono accolti con un saluto, una parola convenevole, uno sguardo accogliente e soprattutto non giudicante. Vengono esibiti i cartellini verdi nominativi: quindi c’è chi saluta velocemente e non vede l’ora di fare una doccia calda e di mettersi poi a dormire; chi si concede un’ultima sigaretta, chi deve depositare il suo misero bagaglio; chi si è bevuto un po’ troppo alcool e procede con un’andatura incerta; chi ha uno scatto d’ira per un nonnulla; chi sorseggia invece un tonificante tè bollente; chi in quel deserto relazionale è riuscito persino a coltivare un suo affetto. Altri ancora desiderano essere ascoltati e quindi espongono le loro vicende: di come è facile magari dopo di anni di lavoro, di vita in famiglia, di “normalità” insomma, cadere in basso.
Questa è l’umanità che ci si trova di fronte frequentando il dormitorio: quando le esistenze non rientrano più in alcuna logica produttiva, quando la rete di sostegno famigliare ed amicale si è sfaldata, quando subentra una dipendenza o una malattia seria, allora lo sconforto e la depressione prendono il sopravvento. In queste condizioni è difficile per chiunque affrontare un orizzonte infinito di precarietà costante, di stenti, di umiliazioni.
I volontari hanno cercato di dare un volto umano alla situazione dei senza fissa dimora comaschi, spesso descritta asetticamente soltanto con cifre, dati e conferenze stampa, oppure strumentalizzata per finalità politiche. “Restiamo umani”, era l’adagio con il quale Vittorio Arrigoni, attivista, cooperatore, reporter e scrittore, rapito ed ucciso nel 2011, terminava ogni suo articolo. “Restiamo umani” sì, in questo delicatissimo tempo emergenziale nella speranza dell’esaurimento della malattia che sta affliggendo l’umanità e nella ancora più stringente necessità della cura delle persone senza fissa dimora. Ed anche in previsione della prossima stagione invernale quando gli spazi attuali dell’ “emergenza freddo” probabilmente non ci saranno più. Auspichiamo così che un clima di maggior collaborazione si instauri – le ACLI nella figura del suo Presidente sono già state invitate al tavolo di lavoro – e si possa così giungere in tempi brevi a produrre risultati concreti e strutturati, giacché c’è bisogno di un dormitorio in città, ma soprattutto è necessario pensare ad interventi capaci di accompagnare le persone in difficoltà, coinvolgendo tutto il tessuto sociale urbano. L’impegno è quindi per continuare a costruire percorsi di inclusione per le persone che vivono esistenze di grave marginalità.
Andrea Rinaldo, consigliere provinciale ACLI COMO
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