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Sviluppare l'associazione e ricreare comunità

Febbraio 2020

È necessario rilanciare l’esperienza aggregativa ed associativa attraverso modalità che tengano conto che le persone, oggi, si aggregano su temi molto specifici, di cui è facile comprendere l’utilità e che consentono di percepire immediatamente il valore di ciò che si sta facendo.

Che cosa sono le ACLI? Questa domanda, apparentemente semplice, sottende tutta la complessità della situazione associativa attuale. Oltre ad una varietà e complessità interna, in questo momento l’associazione si scontra più che mai con le nuove necessità esterne, delle persone che abitano i nostri territori. Come possiamo rispondere a questa domanda, se lo scenario attuale richiede risposte minimaliste, brevissime e non fraintendibili, che corrispondano ad un’immagine (o fotografia) che ne colga il significato? Come spiegare all’esterno ciò che facciamo fatica a spiegare all’interno? Come intercettare vecchi bisogni espressi in nuovi modi? E come comprendere nuovi bisogni espressi in modi che ancora non conosciamo? Come possiamo, oggi, tornare ad ascoltare i territori?

Più volte negli ultimi anni abbiamo assistito allo svuotamento graduale dei nostri circoli, abbiamo faticato a raccogliere nuovi volontari e a tenerci stretti quelli che già abbiamo. È un fenomeno che non riguarda, certamente, solo la nostra associazione, ma anche la gran parte delle organizzazioni che operano nel territorio nazionale. Più volte ci siamo chiesti chi prenderà il nostro posto, cosa accadrà tra qualche anno…

Una strada possibile, verso il cambiamento, passa inevitabilmente dalla più profonda comprensione di ciò che ci circonda, ricominciando a fare formazione. Quello dell’animazione di comunità, in particolare, è un tema che si presta a fare da volano per lavorare su diversi livelli.

Uno dei cardini fondamentali, intorno al quale si impernia tutto lo stile ed il senso dell’animazione di comunità, è la prossimità e l’ascolto come modo per ri-avvicinare le persone. Se, però, quello dell’ascolto e del farsi prossimo non sono certo novità per gli aclisti, sono le persone che abitano le nostre comunità, che richiedono di soffermarsi ad avere nuove chiavi di interpretazione della società che cambia. Per far questo si è scelto di farsi aiutare da consulenti esterni, addirittura di altre province, per cercare di ripartire proprio da qualcosa che non fosse a noi simile e non ricadere nella presunzione di poterne uscire senza l’aiuto di nessuno.

Fin dal primo incontro, ci è stato chiaro che la formazione, come quasi sempre accade quando è ben fatta, non ci avrebbe dato risposte, ma anzi, avrebbe richiesto ancora più formazione. E così i percorsi sono diventati tre, con obiettivi diversi, uno di condivisione di indirizzo, con la presidenza, uno con un gruppo di animatori allargato a chi avesse desiderio di partecipare (sia facente parte delle ACLI, che non), ed in fine, un terzo gruppo che potesse diventare un gruppo di lavoro permanente. Ad oggi, questo gruppo di lavoro si prepara a portare nella propria quotidianità i primissimi frutti del lavoro fatto insieme, anche grazie all’utilizzo dei fondi 5×1000 che vengono da quest’anno co progettati con obiettivi legati allo sviluppo di comunità.

Se è vero che l’animazione di comunità richiede tempi molto lunghi, è anche vero che potrebbe richiedere, soprattutto nella fase iniziale, alcuni investimenti anche economici utili all’avvio delle attività. Dal 2017 anche le ACLI impostano l’utilizzo del 5×1000 secondo progetti aventi temi specifici uguali in tutta Italia, con l’obiettivo di rendere più coeso e coerente l’utilizzo di questo canale di finanziamento da parte di tutti i territori d’Italia. Bisogna considerare che l’obiettivo dei progetti finanziati con il 5×1000 è di restituire alle persone che lo hanno donato un valore non economico, ma di capitale sociale.

Dal 2017 sono nate le prime sperimentazioni per l’utilizzo dei fondi come possibilità di finanziamento di azioni di sviluppo di comunità o animazione culturale. Sono nati tre progetti che andavano nella direzione di avvicinare l’associazione alle famiglie, con formule anche un po’ inusuali di sperimentazione. Il percorso verso una vera e propria co-progettazione dei fondi, va ad intersecare quest’anno (2019 – 2020) gli animatori che partecipano alla formazione, con l’obiettivo di dare loro accesso diretto al finanziamento, per realizzare le ipotesi di attività nate durante il percorso.

È il caso, per esempio, dei progetti legati alla lettura ad alta voce del circolo Famiglie in Cammino, oppure sempre a titolo esemplificativo, dei corsi di pasticceria per bambini del circolo di Cucciago.

Bisogna anche tener presente che se anche le persone intercettano le nostre attività associative e le ritengono valide, non è detto che esse parteciperanno ad altro, o che decidano di svolgere del volontariato nella nostra organizzazione, e tanto meno di divenirne dirigenti.

Bisogna, quindi, che pensiamo a nuove modalità di adesione, di partecipazione e di misurazione dell’efficacia della nostra organizzazione. Già oggi non c’è più corrispondenza tra il numero di tessere vendute e la nostra efficacia aggregativa e di sviluppo di comunità, sarà quindi indispensabile dotarsi di altre modalità di monitoraggio e valutazione utili a meglio definire il nostro impatto sul territorio.

In questo quadro generale, va inserito anche un altro dei temi tanto auspicati da tutti i componenti direttivi: i giovani. Innanzitutto bisogna definire ciò che le ACLI possono considerare giovani, rispetto alla propria offerta attuale associativa: ad oggi, infatti, non si parla più solo di 20enni, ma anche di 30enni e 40enni. Ed in quest’ottica è necessario anche cambiare sguardo con cui entrare in contatto con queste fasce di popolazione.

Diverse ricerche oggi ci mostrano un lato del volontariato giovanile che rimane quasi sempre sommerso: quello informale, privo di legami strutturati, di tesseramenti e di richieste di adesione totale, in contesti calati nelle comunità e su temi di cui ci si sente protagonisti (clima, cultura, diritti…), con modalità per cui ci si sente immediatamente partecipi ed utili.

In questo senso, dobbiamo rivedere anche la partecipazione delle persone che già fanno parte del nostro movimento alla luce di questo, basti pensare, ad esempio, alle persone che lavorano nei nostri servizi e nelle nostre imprese, tra i quali, magari, c’è qualcuno interessato a dirci la sua sul mondo del volontariato; ai servizio civilisti, che ogni anno scelgono di mettere a disposizione un anno di progettualità nella nostra organizzazione e che, terminata l’esperienza che hanno scelto, non trovano nella nostra organizzazione altro di allettante per cui rimanere. I ragazzi che ci scelgono, lo fanno perché i progetti di servizio civile hanno temi ed obiettivi (grazie al lavoro dei progettisti nazionali), molto chiari e comprensibili, concreti, che danno la possibilità ai giovani di fare qualcosa davvero. Il servizio civile universale, quest’anno riformato con alcune nuove regole, può essere davvero un’opportunità per entrare in contatto con almeno 3 giovani all’anno che potrebbero divenire per noi risorsa, come minimo per aiutarci ad individuare nuove modalità di lavoro con il territorio, per non dire di ricambio generazionale. Ogni anno lasciamo che essi attingano a piene mani dalle nostre conoscenze e competenze e per 365 giorni ci “lasciamo usare” come mezzo per raggiungere gli obiettivi di progetto. Ma normalmente accade che quando un servizio civilista comincia a comprendere come funziona l’organizzazione, è terminato l’anno. Al termine di un’esperienza così pregna, una delle ultime richieste è di aiutarci nella promozione dei progetti dell’anno successivo, ma per far questo, però, è necessario che, quando incontrano altri giovani, siano messi in condizione di rispondere alla fatidica domanda “Che cosa sono le ACLI?”. Ecco, allora che il cerchio si chiude intorno alla nuova identità che la nostra organizzazione è chiamata ad individuare ed assumere, per potersi finalmente riconoscere nelle persone che ne condividono i valori, se non tutti, almeno alcuni.

Sara Picone, animatore comunità ACLI COMO