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Un Natale particolare

Dicembre 2020

“In questo «Natale particolare», dove  festeggeremo la Natività in un contesto però spesso segnato dalla morte, se saremo alla ricerca del suo spirito più autentico, le indicazioni del vescovo di Roma potranno essere certamente di riferimento per le nostre scelte collettive ed individuali.”

Quello che gli italiani stanno per affrontare sarà un “Natale particolare”, sicuramente molto differente dai precedenti, oramai consegnati nei ricordi  spensierati e divertenti di quando gli stessi erano dei bambini, e normalmente passati in famiglia, magari in compagnia con gli zii, i cugini, i nonni. Era una grande festa che durava a lungo, che iniziava con la Santa Messa, proseguiva poi con enormi abbuffate, l’apertura dei regali e l’immancabile tombolata finale. Un rito che si è un po’ affievolito negli anni, trasformandosi da ricorrenza prevalentemente di carattere religioso e degli affetti con i congiunti, in occasione consumista ed anche po’ mondana, per la possibilità di effettuare delle vacanze in rinomate località di montagna. Tuttavia rimaneva lì fermo come un emblema - naturalmente per chi poteva permetterselo - di una “normalità” necessaria, aspettata, benvenuta, della cui utilità ci si rende conto soprattutto nel momento in cui tale consuetudine viene in qualche modo ad essere indebolita. Il Natale del 2020 sarà completamente assorbito dentro l’emergenza sanitaria in atto, e quindi si preannuncia non come una regolare celebrazione solenne e gioiosa, semmai come una festa ricondotta dentro l’alveo stringente di numerose disposizioni normative, protocolli e raccomandazioni, messi in atto per difendersi dalla pericolosità del temibile virus.  E’ evidente che in questa temperie, in effetti, “nulla  potrà essere come prima”.  Non è che per certe persone non fosse capitato anche in precedenza di passare quel giorno generalmente lieto nella privazione, nella solitudine o nella sofferenza.  E’ che questa condizione di apprensione e di sgomento in uno degli anni bisestili forse tra i più funesti che si ricordino, è generalizzata ed interessa la globalità delle persone.

Quello che sta accadendo nel nostro Paese non ha precedenti: abbiamo sperimentato la restrizione delle libertà individuali, la difficoltà di reperimento di qualche merce, il dolore, la malattia, la constatazione di un numero molto rilevante di perdite umane. Una intera generazione di anziani se ne sta andando, non è certamente immaginabile assuefarsi ad una simile tragedia.  E’ un contagio che provoca disorientamento, sconcerto e paura. Tantissime persone sono soggiogate dal timore che genera chiusura, isolamento, talvolta rabbia. E’ un pericolo che sconsiglia le relazioni, poiché dobbiamo stare distanti per lottare insieme contro un nemico invisibile e subdolo, i cui effetti nefasti però si riversano sulla nostra salute, sul nostro lavoro, sul nostro futuro. E’ una condizione che ha amplificato le disuguaglianze preesistenti, aprendo un solco profondo tra chi è più strutturato anche per affrontare le emergenze e chi permane invece ai margini in uno stato di grave vulnerabilità. Contenere il contagio e far sì che si possa assistere al meglio chi ne è colpito sono le priorità del momento, contemperando la necessità di tutela con il fatto che le attività produttive non ne risultino compromesse. E’ un’occasione questa per rinnovare i nostri stili di vita, i quali accanto ad indubbi aspetti positivi, impongono però una riflessione critica circa il nostro modello socio-economico di riferimento. In questa fase in cui si alternano le notizie positive con quelle meno promettenti, non possiamo comunque sdoganare modelli di comportamento ambigui, che magari confermino la subordinazione delle ragioni dell’economia nei confronti di quelle della salute.

E’ opinione abbastanza comune che lo stato di eccezione e le privazioni conseguenti possano indurre ad un ripensamento generalizzato sui beni ritenuti veramente necessari, e sulle cose che hanno realmente un valore insostituibile nella vita. Il nostro sistema economico è stato messo in seria crisi dalla pandemia, così la massificazione dei comportamenti degli individui nei modelli di mercato e dentro a canali che li spingono incontro ad un consumo perpetuo - con il conseguente corollario di induzione verso l’individualismo e l’edonismo - appare in questo momento una risposta sicuramente inadeguata.  Papa Francesco aveva già indicato in tempi pre-Covid una direzione per un cambiamento epocale, quello dell’ “ecologia umana integrale”, nell’enciclica sulla cura della nostra “casa comune”, dove si percepisce in ogni sua pagina che “tutto è in relazione”, “tutto è collegato”, ”tutto è connesso”.  Nella lettera papale successiva “Fratelli tutti”, il Pontefice venuto dalla “fine del mondo” ha elaborato un “manifesto” per far rinascere un’aspirazione mondiale verso la fraternità e l’amicizia sociale; per agire insieme e guarire dalla chiusura del consumismo, dall’individualismo radicale e dall’auto-protezione egoistica. È infatti proprio il consumismo ad essere come una sorta di “virus" che è in grado di intaccare la fede alla radice, di anestetizzare il cuore e di lasciarlo appesantire dai bisogni.

Un augurio sincero di buon Natale.

Andrea Rinaldo, già  Consigliere Provinciale ACLI Como