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Casa de Arte: non solo danza

Luglio 2021

Il tempo di ripartire, riprogettarsi, guardare al futuro dopo una stagione lunga, difficile, sofferta. Per “Casa de Arte”, l’associazione nata nel 2010 come luogo d’arte “della gente per la gente” per favorire l’aggregazione e la condivisione, utilizzando i diversi linguaggi artistici, è il momento di élancer, dello slancio, rubando, forse impropriamente, un termine alla danza classica. «Non è stato un anno facile per nessuno - spiega Elena Parravicini, fondatrice dell’associazione con Tito Terreni e Paolo Ceruti -. Anche noi siamo stati per molto tempo limitati nella possibilità di un luogo fisico in cui ritrovarci. Così siamo stati costretti a adattarci».

Ad una iniziale sospensione di qualsiasi tipo di attività, durante il lockdown più duro, alla ricerca di formule nuove di azione e relazione. Su questo filo Casa de Arte si è mossa per non perdere contatto con i propri sogni.

«Solo dallo scorso maggio - prosegue Elena - siamo finalmente tornati a svolgere delle attività in presenza, dopo mesi online. Ora è tempo di ricostruire, pian piano».

Avete attraversato un anno difficile, ma avete saputo sfruttare l’andamento altalenate delle limitazioni imposte dalla pandemia per promuovere alcuni progetti importanti. Esperienze di vera e propria resilienza…

«Certamente. Ci siamo detti che avremmo ancora potuto fare qualcosa insieme, in qualsiasi condizione, rispettando le regole che la pandemia ci imponeva, e che avremmo tentato il tutto per tutto a prescindere dalle circostanze. L’essere uniti in questa direzione, grazie anche alla bella stagione, ci ha permesso, lo scorso anno, di portare avanti incontri di danza all’aperto e, al contempo, progettare una performance grazie alla disponibilità dei nostri collaboratori: scenografa, costumista, tecnico luci e fonico, grafica e dei volontari. Così abbiamo realizzato un bellissimo video con un operatore professionista e partecipato ad una manifestazione dal vivo, organizzata a Como. E infine abbiamo lasciato un bel ricordo dell’unica apertura del teatro Nuovo di Rebbio (Co) per uno spettacolo, il 5 ottobre scorso, nella ricorrenza di S. Francesco d’Assisi. Tutto il percorso è stato possibile grazie alla disponibilità degli spazi all’aperto del bellissimo parco e il supporto spirituale dei padri Saveriani di Tavernerio, oltre agli spazi della palestra Fenice Bianca di arti marziali dell’oasi del Bassone.  Abbiamo cercato in ogni modo, insomma, per quanto possibile, di allenarci e studiare in presenza in… compagnia. Certo perché non dimentichiamoci che Casa de Arte dal 2019 promuove la Compagnia Una Co. Vorrei anche approfittarne per dire “grazie” a papa Francesco che ci ha ispirati con la sua bellissima enciclica “Laudato Si’” dedicata alla cura delle creature e del creato nell’allestimento di uno spettacolo che poi abbiamo presentato nell’ambito della manifestazione “Bellezze interiori”».

Che cosa dire del presente e del futuro?

«Come dicevo, le aperture e le chiusure hanno inevitabilmente influito sulla nostra proposta e sfilacciato le presenze, che al momento si manifestano a piccoli gruppi, o con partecipazioni individuali. La motivazione però non ci manca, così come le idee».

Qualche esempio?

«Siamo dentro un cantiere. Il nostro obiettivo principale è ripartire dalla piccola compagnia di danza che ha animato il progetto sulla “Laudato sì’”, perché proprio la danza è il nutrimento di molti dei nostri sogni, tra cui quello di creare occasioni di inclusione. Non a caso abbiamo aderito, ormai già da qualche anno, al cantiere di Casa Comune, proposta, lanciata dai Comboniani a livello nazionale, che punta a coinvolgere associazioni disponibili alla creazione di eventi che richiamino all’apertura, all’ascolto reciproco, all’inclusione appunto. Nel nostro piccolo vorremmo poter contribuire al cantiere portando dentro il mondo della scuola testimonianze in prima persona fatte dai giovani rifugiati, unendo al racconto il linguaggio universale dell’arte, in particolare della danza, sul tema dell’immigrazione. Uno dei miei sogni si fonda proprio sulla costituzione di una compagnia multietnica, un gruppo di persone legate dall’amore per l’espressione artistica, qualsiasi essa sia, che regolarmente si incontra, animata da un obiettivo di speranza, condivisione, fiducia e che lo persegue con tenacia».

«Ho fondato Casa de Arte – conclude Elena - nell’intento di favorire il più possibile la comunicazione tra le arti, le culture e le generazioni. Per questo il nostro non è un messaggio univoco o selettivo. Nel senso che non abbiamo risposte preconfezionate per i giovani o per gli adulti. Certo, sarebbe molto più semplice proporre un genere di danza che catturi l’interesse specifico di qualcuno, ma non corrisponderebbe con i nostri sogni».

«Casa de Arte - spiega Serena Frangi, della segreteria organizzativa Acli di Como - è un’associazione affiliata all’Unione Sportiva provinciale delle Acli di Como, di cui Elena Parravicini è vicepresidente. Si tratta di una realtà che svolge un lavoro davvero interessante ed inclusivo. Non è solo una scuola di danza, ma un laboratorio sociale in cui i partecipanti, tra cui spesso anche richiedenti asilo, sperimentano contesti di relazione e scambio culturale, arricchendosi reciprocamente. Per le Acli Casa de Arte rappresenta un modo importante è significativo per essere presenti sul territorio, con uno stile che è proprio della nostra mission».

 

La voce dei protagonisti

Chi sono i protagonisti di Casa de Arte? Uomini e donne, ragazzi e ragazze, italiani e stranieri, legati da una comune passione per l’arte.

Condividiamo qualche pensiero espresso da alcune delle protagoniste di questa “avventura”.

«Frequento questa associazione perché da subito vi ho trovato un ambiente semplice, familiare, socievole e molto unito. Un luogo in cui basta poco per essere felici».

«La danza è una forma di espressione naturale per l’uomo e alimentare questa propensione mi affascina».

«Nonostante le difficoltà, negli ultimi mesi abbiamo saputo reinventarci, con proposte coinvolgenti e stimolanti, mai banali, che ci hanno permesso di misurarci con stili diversi. Di ogni momento conservo nel cuore l’emozione profonda che mi ha suscitato».

«Casa de Arte è permeata da uno spirito che lega, unisce. Ogni persona è completa in sé, ma unendosi tra più individui si può generare un’energia e una forza tali da far star bene al contempo chi la vive e chi assiste agli spettacoli proposti intercettandone il messaggio».

«Oggi i giovani cercano risposte chiare e precise, ma non hanno le domande. E una risposta senza una domanda è inutile. Mentre una domanda che non ha una risposta lo è molto di più, perché permette di cercare e provare. Per questo anche un’esperienza che può apparire poco familiare a chi sta assistendo a uno spettacolo potrebbe toccarlo di più rispetto a qualcosa a cui è abituato. In questo si condensa la forza delle nostre proposte».

«A legarci è il fatto che abbiamo un ideale comune. Non è tanto importante la concretezza di quello che andiamo a comunicare, ma che arrivi “qualcosa” che le persone possano poi elaborare. La nostra concretezza sono i nostri legami, l’essere qui insieme e lavorare in una direzione condivisa».

Marco Gatti, giornalista