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Coronavirus, la Costituzione ci difende, difendiamo la Costituzione.

Maggio 2020

La gravissima situazione che tutti purtroppo conosciamo e che deve essere affrontata con decisione e tempestività porta con sé la constatazione che la nostra Costituzione non ha bisogno di essere modificata.

 

Una conferma positiva

Non è stato necessario avere a disposizione il potere di introdurre stati di eccezione o altri meccanismi di intervento, alcuni  propri di un sistema autoritario e comunque ancora più fortemente lesivi dei diritti e delle libertà fondamentali, perché considerati più efficaci di quelli contemplati attualmente nella stessa Carta fondamentale. D’altra parte le nostre disposizioni costituzionali consentono l’introduzione di circoscritte limitazioni dei diritti per la salvaguardia di beni come la sanità, la sicurezza e l’incolumità pubblica, purché ragionevoli e proporzionate. 

 

Il dibattito sugli strumenti normativi adottati in Italia

Le limitazioni generalizzate certamente di una gravità rilevante che ci vengono imposte e i relativi provvedimenti delle diverse autorità coinvolte possono trovare, secondo alcuni importanti costituzionalisti - nonostante errori e mancanze anche sostanziali, nonché una certa confusione -giustificazioni nel nostro ordinamento e dimostrano ulteriormente come non ci sia bisogno di ricorrere a stati eccezionali sinora non contemplati . Tuttavia esse , nello stesso tempo,  ci devono mettere in guardia contro sottovalutazioni delle conseguenze che lo stato emergenziale in cui ci troviamo comporta. Infatti vengono previsti provvedimenti che, pur non essendo privi di controlli anche giurisdizionali, data la loro indeterminatezza, consentono un ampio margine di discrezionalità a chi ci governa ai vari livelli territoriali, a partire dallo Stato.

Secondo altri costituzionalisti questo sarebbe eccessivo – anche per avere lasciato il Parlamento un po' troppo distante, il quale tuttavia deve attrezzarsi per dialogare tempestivamente col governo - dal momento che oltre ai decreti legge adottati dal Governo -che hanno forza di legge, che devono essere firmati dal Capo dello Stato, che devono essere sottoposti all'esame e all'approvazione delle Camere pena la loro decadenza e che possono essere soggetti al sindacato della Corte costituzionale – a livello centrale sono stati ampiamente utilizzati i Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm). Questi, che non subiscono i controlli dei decreti legge, sono delle ordinanze emesse non dall'organo collegiale (Consiglio dei Ministri) ma dal suo Presidente (anche se di fatto si consulta con i ministri) che nel nostro ordinamento non è il " Capo" del Governo ma un "primus inter pares".  Da noi per lo stesso motivo non va nemmeno denominato "Primo ministro", così come i Presidenti (della Giunta) di Regione sono impropriamente chiamati  governatori,  anche se a qualcuno di loro piace, mentre qualcun altro, e' stato detto, si sente il Governatore della California (Stato federato con 40 milioni di abitanti).

 

Una preoccupazione comune e un invito alla vigilanza da parte di tutta la società civile.

Tutti però, gli studiosi più critici e quelli che lo sono meno, temono un uso distorto delle misure emergenziali - tale anche da lasciarle sopravvivere in nome della "sicurezza" alla fine dell'emergenza -  e invitano alla vigilanza, sperando - secondo i più pessimisti - che non sia troppo tardi per qualche frutto velenoso.

È un invito da accogliere - soprattutto da parte della società civile, a partire dalle sue articolazioni più attive e organizzate - assieme a quello che ci proviene da più parti, da ultimo dall'economista francese Gael Giraud, gesuita e già banchiere, con un suo ampio articolo pubblicato in "La Civiltà Cattolica" del 4 aprile 2020. Giraud ribadisce, unendosi a un vasto gruppo di critici, che le conseguenze della pandemia sono diventate più gravi a causa dello smantellamento dei sistemi sanitari pubblici e alla privatizzazione della salute, giungendo così a minacciare fortemente pure l'insieme dei nostri sistemi economici. A causa di tale insipienza siamo costretti al confinamento, cioè a essere in qualche modo imprigionati, in attesa, osservo io, di essere controllati a distanza elettronicamente. Ma tutto ciò non basta, mentre si aspetta la prossima pandemia. Bisogna tutelare i "beni comuni...che aprono un terzo spazio tra il mercato e lo Stato, tra il privato e il pubblico", ma nello stesso tempo - ecco l'appello- bisogna "ricostruire e salvare la democrazia" , non considerarla inefficace, lasciandosi attrarre dall'autoritarismo come soluzione.

Lasciatemi concludere: più democrazia dobbiamo chiedere e attuare, e quindi più partecipazione (art. 3 Cost.), anche, se non soprattutto,  delle “formazioni sociali” (secondo il linguaggio della Costituzione, art.2) a partire dalla democrazia municipale.

 

Post Scriptum:

"Nelle bozze del decreto legge c.d. Rilancio sembra prevedersi due mesi prima della scadenza (31 luglio) la proroga dello stato di emergenza di altri 6 mesi, fino al 31 gennaio 2021. Se il testo del decreto legge una volta pubblicato lo confermerà, ci troveremmo di fronte ad un prolungamento notevole del diritto speciale dell'emergenza che ha comportato, anche attraverso i Dpcm, serie limitazioni ai diritti e alle libertà dei cittadini. Non sarebbe un buon segnale, sotto
diversi profili, compreso quello di una preventiva discussione in Parlamento, come avvenuto in altri Paesi per proroghe anche più brevi (vedi il costituzionalista Clementi sul Sole 24 ore del 15 maggio). L'utilizzo del decreto legge per la lunga proroga tuttavia consentirà almeno una discussione anche se successiva in Parlamento, che avrebbe potuto tenersi meglio al momento della conversione in legge del precedente decreto legge pochissimi giorni fa."

 

Mario Ganino, già Consigliere Provinciale ACLI, già professore di Diritto pubblico comparato, Università degli Studi di Milano.