Sant'Abbondio 2024: l'eloquente messaggio del vescovo alla città
settembre 2024
Quello di venerdì 30 agosto u.s. è stato forse il messaggio più potente alla città di Como pronunciato dal vescovo il cardinale Oscar Cantoni, in occasione dei Primi Vespri alla vigilia del patrono Sant’Abbondio; ed è probabilmente una riflessione destinata a rimanere negli annali della comunità dei fedeli cristiani, ma anche di quelli di altre confessioni religiose, nonché delle donne e degli uomini tutti di buona volontà, alle quali è indirizzata.
Il presule si è posto innanzitutto un ineludibile interrogativo: “Como: città di chi?”, volendo poi approfondire specificatamente le tematiche legate alla comunità, al turismo e all’accoglienza, traendo spunto da un’accurata lettura della realtà e dall’ascolto di alcuni interlocutori qualificati. Ne è emersa una disamina costruttiva senza sconti però, riservata alla piega che la dimensione turistica sta prendendo nel capoluogo, anche se nessuno ha in mano la verità su questa partita; dove comunque sembrerebbe marginalizzata la dimensione dell’accoglienza in favore di eccessivi format costituiti da “viaggi mordi e fuggi”, forieri di quei danni da “overtourism” (all’ambiente ed ai residenti) che potrebbero essere in grado nel tempo di trasformare il corpo sociale, economico, storico dell’urbe e verosimilmente non in un senso maggiormente qualitativo. Il nostro comune prealpino dal nobile passato e dagli illustri natali (da Plinio il Vecchio per arrivare a Carla Porta Musa, passando per Benedetto Odescalchi ed Alessandro Volta, soltanto per citarne alcuni) non è riducibile a “…cumuli occasionali di pietre, ma misteriose abitazioni di uomini…” (Giorgio La Pira); questa città ha certamente un’anima ed una sua vocazione che è ravvisabile soprattutto nel carattere laborioso e nel sentimento della sua gente, frutto delle stratificazioni storiche e culturali, plasmate anche dall’influsso benefico generato dalla bellezza del suo territorio.
Pertanto afferma il cardinale Cantoni “…Una Città non è di pochi che la possiedono o la governano, ma non è neppure di nessuno. È invece di tutti, perché tutti, come cittadini e cittadine, siamo chiamati a partecipare…”, questa caratteristica aggregativa comunitaria non può essere compromessa da uno sviluppo della sua evidente “vocazione turistica” che non tenga conto della dimensione relazionale e di apertura verso i visitatori, nonché di quella propensione all’accoglienza che attiva una dinamica di scambio reciproco. Quando però la “turistificazione” prende il sopravvento, quando un selfie in riva al lago da postare poi sui social diventa l’obiettivo del viaggio, secondo un modello consumistico effimero e piuttosto insignificante, allora possono certamente accrescere i guadagni economici di alcuni, ma non aumenta sicuramente l’intelligenza diffusa, non si apre il cuore, non accresce lo spirito. Anche la visita ai monumenti religiosi della città potrebbe diventare l’occasione per trasformare l’itinerario da esclusivamente turistico ad un vero e proprio cammino di pellegrinaggio.
I processi che l’overtourism è in grado di innescare possono però creare anche squilibri interni al tessuto urbano, primo fra tutti l’espulsione dei residenti dal centro storico ed anche oltre dove le case vengono trasformate in massa in alloggi per i turisti, aprendo quindi la strada ad una possibile emergenza abitativa; a pagare le spese di questa congiuntura sono i segmenti sociali meno strutturati quali i giovani, i tanti studenti, le possibili nuove famiglie, per non parlare degli stranieri. Dovrebbe essere compito della politica quello di dare delle risposte convincenti su questa materia, di cercare di individuare strategie condivise per uno sviluppo armonico e regolato della città, evitando le eccessive derive dovute alla ricerca esclusiva del profitto individuale; prevenendo le evidenti storture del mercato immobiliare, che da un lato riguardano l’innalzamento complessivo del prezzo degli appartamenti, dall’altro la carenza di disponibilità di immobili da destinare alla locazione, ed il cui effetto finale è appunto quello di svuotare il centro dai residenti. Una città che non è in grado di essere attrattiva nella direzione di una crescita della comunità locale degli abitanti non è neanche nelle condizioni di decidere sulla forma del proprio futuro.
La bellezza di un territorio poi ha un carattere per così dire “democratico” appartiene a tutti, a tutte le persone dovrebbe essere garantito il diritto ad avere un luogo dove vivere: non si possono stendere “tappeti rossi” ma soltanto per chi è facoltoso e marginalizzare chi non ha denaro da spendere. Don Giusto della Valle prevosto della parrocchia di Rebbio e Camerlata da anni in prima linea sulla tematica dell’accoglienza ma anche su altre questioni come il diritto alla casa, sull’ultimo numero del periodico della comunità pastorale afferma che: “...i ricchi e super-ricchi a Como trovano le porte spalancate, le famiglie ordinarie le trovano chiuse…”, inoltre “... Un anno orsono sul nostro Focolare ho fatto l’invito alla lotta per il diritto alla casa nella nostra città: nulla è cambiato...”. L’ indicazione Evangelica è chiara sulla necessità dell’accoglienza di ogni persona e specialmente di quelle più bisognose, così dice in proposito il vescovo: “...Quale contraddizione, se pensiamo alle folle di turisti facoltosi, mettendole a confronto con le folle dei poveri…”.
Molto opportuno ed apprezzato è il passaggio riservato alla “dignità del lavoro” da mettere in relazione al boom turistico, particolarmente per chi si riconosce in una associazione di lavoratori come le ACLI, e cioè se i vantaggi dovuti a questa congiuntura favorevole siano davvero per tutti, nel momento in cui si assiste contemporaneamente al racconto di operatori sottoposti a ritmi di lavoro forsennati, stipendi troppo contenuti, stagionalità della prestazione, lavoro sommerso. La ricchezza prodotta dovrebbe essere redistribuita con equità mentre bisognerà evitare di porre in essere condizioni di sfruttamento dei lavoratori.
L’esortazione si conclude con un invito per i credenti ad essere per la città “segno di contraddizione” attraverso una modalità di stare insieme nel mondo, fatta di attenzioni e di prossimità, proprio per superare quella “globalizzazione dell’indifferenza”, più volte stigmatizzata da papa Francesco; una città più ospitale è certamente più umana, perché si è liberata dalla logica tossica dell’ “amico-nemico”, “...Una Città è bella quando rende belli i suoi abitanti e chi vi è accolto…”.
La lettura critica data dal cardinale Oscar Cantoni sulle dinamiche innescate dal turismo offerta dal suo alto magistero può davvero servire come stimolo per aprire un dibattito sereno che coinvolga tutti gli attori in gioco, tra i quali anche le ACLI che sono da tempo attive sul versante dell’accoglienza e del reperimento di alloggi a prezzi calmierati e per le categorie di utenti deboli. Per migliorare quelle relazioni umane che l’overtourism non è in grado di assicurare ma soprattutto per garantire un futuro alla comunità comense. Forse si potrebbe comunque cogliere l’occasione per aumentare l’attrattività della nostra città ad esempio implementando la mobilità dolce ed il trasporto pubblico, l’offerta di intrattenimento di qualità, la balneabilità del primo bacino, cose utili sia per i visitatori ma anche per i residenti. Non dimenticando però che la vocazione turistica è certamente rilevante per il nostro territorio ma non può essere l’unica stampella sulla quale si regge l’economia locale, anche perché la pressione ambientale e sociale diverrebbe in questo caso insostenibile.
Andrea Rinaldo, già consigliere provinciale delle Acli di Como
Recapiti ACLI Como
Via Brambilla 35, 22100 Como
Tel: 031 33 127 11
E-mail: como@acli.it
Orari
Lunedì - Venerdì
9.00 - 12.30 / 14.00 - 16.00
Si riceve su appuntamento