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Testimoni e annunciatori della Misericordia di Dio a margine dell'XI Sinodo Diocesano di Como

Luglio 2022

L’ XI Sinodo Diocesano della Chiesa di Como, indetto il 31 agosto 2017 ed inaugurato dopo la fase preparatoria e la consultazione del popolo di Dio il 12 gennaio 2020, si è concluso il 4 giugno 2022, vigilia di Pentecoste, con la celebrazione solenne in Cattedrale.

Per capire cosa è stato questo Sinodo innanzitutto alcuni numeri: i sinodali erano 288 di cui 174 laici, l’età media era di 53 anni, i giovani sotto i 30 anni erano 22. Le sessioni plenarie sono state 12 di cui 2 on line causa pandemia. Il documento finale, approvato dall’Assemblea del 21 maggio 2022, si compone di 136 proposizioni ed è stato presentato al Vescovo Oscar Cantoni nel corso della celebrazione conclusiva: sarà promulgato con apposito documento dal Vescovo, già Cardinale, nel prossimo autunno.

Il cammino della Chiesa diocesana si è andato intrecciandosi nell’ultima sua parte anche con il percorso del Sinodo della Chiesa italiana avviato nell’autunno del 2021.

Ma cosa ha rappresentato il Sinodo della chiesa comasca? Direi che prima di tutto è stato un evento di grazia, un salutare colpo di frusta che ha obbligato la comunità cristiana a scuotersi, a guardare oltre il proprio orticello e a non adagiarsi su un comodo “abbiamo sempre fatto così”. Uscire dal proprio guscio parrocchiale e/o associativo, incontrarsi, confrontarsi, sentirsi responsabili gli uni degli altri, tutto questo ha aperto prospettive e ha messo in moto energie, costruendo uno stile di sinodalità.

In secondo luogo il Sinodo ha espresso un cammino, un movimento. Nello stesso logo del Sinodo si richiama la strada con le curve e gli andamenti propri della vita e della storia. Sin dalla fase di consultazione la Chiesa di Como (parrocchie, movimenti ed associazioni, singoli laici e presbiteri) si è messa in movimento: più di trecento le schede che sono pervenute secondo cinque aree tematiche (Misericordia e comunità cristiana;  Misericordia e famiglia; Misericordia e giovani; Misericordia e poveri; Misericordia e presbiteri), che sono state poi discusse dalle Commissioni da cui è nato il primo Instrumentum Laboris.

In terzo luogo il Sinodo è stata una grande esperienza di ascolto e discernimento. Le diverse vocazioni si sono reciprocamente messe in ascolto lasciando lavorare lo Spirito consentendo di fare dell’esperienza sinodale anche una “conversione spirituale”. L’attuazione poi del discernimento soprattutto nei circoli territoriali ha portato  a sperimentare una vera corresponsabilità:  in questo percorso ci si è accorti che la sinodalità da concetto diventava prassi, stile di una Chiesa che annuncia con parole ed opere il Vangelo. Al centro di questo percorso è stato il tema della responsabilità e della fiducia nei laici. E’ apparso evidente che uno dei problemi da affrontare è il clericalismo, sia clericale che laicale. Lo dimostra ogni giorno la prassi pastorale e l’organizzazione concreta delle nostre comunità cristiane. Non a caso il Documento preparatorio del Sinodo della Chiesa italiana chiede di “esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità ed il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo”.

Durante il percorso sinodale sono emerse fatiche, criticità e difficoltà. Innanzitutto la pandemia che ha dilatato i tempi e impedito a lungo gli incontri in presenza ma nello stesso tempo ha suscitato il desiderio di concentrarsi sull’essenziale, ed ha permesso di sperimentare nuove modalità d’incontro on-line.  Quindi se da una parte la pandemia come esperienza di sofferenza, di incertezza e di paura ha posto in discussione molte certezze acquisite, dall’altra è stata un pungolo per il cambiamento e per una conversione dei singoli e delle strutture.

Un altro elemento di criticità è stato il numero elevato di sinodali che nel corso del tempo sono andati diminuendo fino a giungere ai 183 dell’ultima assemblea: gli elementi che hanno portato a questo diradarsi della partecipazione sono molteplici, ma sicuramente occorre riflettere sulla stanchezza e la disaffezione per il prolungarsi del percorso sinodale, e sulla molteplicità e complessità dei temi in discussione.

Anche qui occorre sottolineare che la metodologia intervenuta in corso d’opera (il lavoro cioè in piccoli gruppi detti “circoli territoriali”) ha sicuramente favorito la partecipazione ed il discernimento dei singoli, andando anche ad attenuare un altro elemento oggettivo di criticità dovuto alla composizione geografica e culturale della diocesi di Como che si estende su tre provincie (Como, Sondrio e Varese).

Il Sinodo ha portato a metterci al servizio degli altri e ad amare più la nostra Chiesa ed il nostro territorio dove vi sono ancora diseguaglianze sociali e povertà. Non possiamo nascondere che molte volte il nostro discernimento ci ha condotto verso una lettura della realtà più che ad una visione profetica. Nel cammino ci siamo convinti che la Misericordia deve essere, come ha detto il Papa “l’architrave che sorregge la vita della Chiesa”, anche la comunità ecclesiale di Como chiamata ad essere una Chiesa che non giudica ma accoglie, che non esclude ma include, che non conta sui suoi mezzi e strutture, ma una Chiesa povera e semplice che conta solo sulla misericordia ricevuta ed offerta.

Nell’omelia della celebrazione conclusiva del Sinodo il Vescovo Oscar ha affermato che “La Chiesa è infatti chiamata a diventare un segno vivo, una presenza semplice, ma trasparente della misericordia di Dio, della sua tenerezza e del suo amore di Padre”. Riuscirà la Chiesa di Como a diventare una chiesa più popolare e solidale e soprattutto una chiesa sinodale, come la desidera Papa Francesco?

Ora appare decisivo il “dopo-Sinodo”, quando sarà importante mettere in pratica le priorità pastorali che il nostro Vescovo indicherà e che guideranno il cammino della nostra Diocesi nel suo intrecciarsi con la direzione sinodale delle Chiese in Italia. Si tratterà di fare in modo che lo stile e le indicazioni utili frutto di questo percorso diventino coscienza e pratica anche delle nostre comunità. Da questo punto di vista appare determinante il ruolo del laicato, anche organizzato che, in piena collaborazione con i presbiteri e con gli Uffici di Pastorale, nei campi del sociale e del politico per individuare risorse, competenze, metodologie e strumenti, per avviare percorsi di conoscenza e di formazione (cfr. nota del Vescovo del 7/2/2022 alla Cdal “L’impegno per il bene comune”).

 

Franco Fragolino, già presidente Provinciale delle ACLI di Como