Tutto è (e va) connesso. Testimonianza dalla Settimana sociale di Taranto
Novembre 2021
Sono diversi i motivi per cui la 49° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi dal 21 al 24 ottobre scorso a Taranto, è destinata a essere un’edizione da non dimenticare nella storia delle Settimane Sociali.
Innanzitutto, per il tempo storico in cui si è svolta: dopo un anno e mezzo di pandemia sembrava quasi impensabile raccogliere in un solo luogo mille persone provenienti dalla quasi totalità delle diocesi italiane. Eppure eccoci lì, tantissimi e pieni di entusiasmo, a riempire il PalaMazzola, messi finalmente nelle condizioni di condividere non solo tempo e idee, ma anche e soprattutto uno spazio fisico da abitare.
In seconda battuta, per la sua ambientazione: Taranto, la città dei due mari, tristemente nota alle cronache per il caso ILVA. Parlare dell’intrinseca connessione tra ambiente, lavoro e salute in un luogo dove l’urgenza di affrontare queste tematiche è tangibile ha tutto un altro valore. Lo si percepisce nella carne il bisogno di dare concretezza alla Laudato Si’, di andare oltre i bei discorsi.
La domanda “Quanti bambini dovranno ancora morire, prima che si decida cosa fare dei forni a carbone?” posta ad alta voce dalla dottoressa Annamaria Moschetti, presidente della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Taranto durante il primo pomeriggio di relazioni, è un interrogativo che è continuato a risuonare nelle nostre menti e che ha guidato ogni riflessione. Il dramma di Taranto è noto ormai da decenni, così come da tempo è nota l’insostenibilità del nostro modello di sviluppo: oggi non possiamo più parlare di processi graduali di cambiamento che andranno intrapresi in futuro, è tempo di agire, di “avviare processi”, di farlo ora.
La 59esima Settimana Sociale è stata anche una settimana da record. Mai così alta, infatti, era stata la presenza di giovani e di donne: complice la richiesta fatta dagli organizzatori di garantire almeno una quota rosa e un under35 per ogni delegazione, quasi 1/3 dei partecipanti era composto da donne, mentre i giovani presenti erano più di 350. Rientrando a pieno titolo in entrambe le categorie, ammetto di aver apprezzato molto questa attenzione: se ci si pone obiettivi alti come ripensare a modelli di vita più sostenibili, a città più umane, a un nuovo modo di educare al bene comune, non si può prescindere dall’ascoltare e accogliere la voce di tutti i rappresentanti della società. Siamo infatti chiamati a concreare un modello di sviluppo che non lasci nessuno escluso: è chiamato a farlo chiunque abbia a cuore il Bene Comune, indipendentemente da età, sesso, etnia, estrazione sociale, professione. E noi, come cristiani, siamo chiamati a farlo in modo ancora più forte, perché crediamo che la testimonianza del Vangelo passi necessariamente da un impegno incarnato di cura nei confronti di chi ci sta a fianco.
Il Papa ha richiamato questo concetto nel suo messaggio per la Settimana Sociale, usando 3 cartelli stradali che come credenti dobbiamo sempre ricordare: attenzione agli attraversamenti, al prossimo che incrociamo sulla strada; divieto di sosta, perché il Vangelo è cammino e non possiamo essere stanchi; obbligo di svolta, non si può più aspettare, è necessaria una conversione del cuore che ci spinga a proporre nuovi processi di cambiamento duraturi nella società.
È impossibile riassumere in poche righe le relazioni che si sono succedute a ritmo incalzante sul palco. Ogni relazione è stata colma di spunti che richiedono tempo per essere metabolizzati e tradotti in concretezza. Ciò che forse riassume meglio gli intenti di Taranto è il documento “L’alleanza è un cammino. Il Manifesto per il pianeta che speriamo” scritto da un gruppo di giovani attivamente coinvolto nella preparazione della Settimana. Il manifesto è stato definito da chi lo ha presentato come un “esperimento politico di comunità” da costruire giorno per giorno.
Centro del progetto è la parola alleanza, “frutto concreto della conversione”, a costruire la quale sono invitati tutte le persone di buona volontà. Taranto, infatti, non è stata che una tappa di un cammino che è iniziato prima dell’evento, e che intende proseguire anche dopo, in tutte le diocesi italiane. Il manifesto si pone quindi come strumento per il processo: i suoi 7 punti cardine sono chiare linee sulle quali lavorare. Si richiama al bisogno di creare “squadra” tra associazioni, amministrazioni, diocesi, centri di formazione, luoghi nei quali tutti possano imparare e contribuire insieme, dai bambini agli anziani, divenendo protagonisti nel processo di conversione della comunità. Si invita a creare un nuovo modello di fare impresa, dove le realtà esistenti si impegnino insieme a raggiungere obiettivi di sostenibilità. Si ricorda l’importanza di valorizzare le differenze e la tradizione. Si chiede alle diocesi di dare fiducia ai giovani e ai loro sogni, di sostenere le iniziative, garantendo il “diritto all’errore”: cambiare un modello implica necessariamente la possibilità di sbagliare, di commettere “passi più lunghi della gamba” che possono non dare i risultati attesi, ma questo non deve fermarci dal sognare in grande. Il settimo punto forse riassume l’intera proposta: generare per vivere, essere ciascuno di noi concreto simbolo di generatività quotidiana sul territorio.
Il cammino ha già un primo appuntamento, una call online il prossimo 26 novembre: si inizierà qui a parlare della strada da percorrere insieme.
La presentazione del manifesto è stata per me la conferma del fatto che i veri protagonisti della Settimana Sociale non erano i tanti relatori che si sono presentati sul palco, il comitato scientifico, la CEI, ma l’insieme di tutte le persone sedute in platea. Ciascuno dei delegati era già una persona promotrice di speranza nel proprio territorio, testimone di realtà positive della propria diocesi. Bastava scambiare qualche chiacchiera con le persone con cui ci si sedeva a fianco a tavola per ottenere idee nuove e proposte da portare a casa: il desiderio di creare una rete generativa nasceva spontaneo. C’è bisogno di fare connessione, di costruire ponti tra le persone, di mettere in comune progetti: oggi più che mai c’è necessità di formazione sui temi dell’ecologia, dell’ambiente, del lavoro, dell’economia circolare, ed è importante che questa formazione sia messa nelle mani di chi la rende concreta.
L’ultima frase che ho segnato tra i tanti appunti presi durante le giornate è stata “La speranza va organizzata”: come delegazione della diocesi, siamo grati di aver potuto partecipare all’evento, e sentiamo il dovere di farci portatori del messaggio della Settimana Sociale nelle diocesi. Le idee che abbiamo in testa sono tante, ma come siamo stati invitati a fare dal palco delle Settimane Sociali, siamo tornati a casa con domande, più che con risposte. Le risposte infatti vanno costruite insieme qui, in diocesi, nelle nostre città e paesi, da tutti coloro che vogliono attivamente impegnarsi nel processo di conversione che Taranto delinea: verso dove andare e come farlo, dobbiamo deciderlo insieme.
Tindara Scirocco, Studentessa delegata della diocesi di Como alla 49° Settimana sociale dei cattolici a Taranto
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